Alpeggio, malgari, bestiame e “paghe”

Mandria sulla Sponda

Biandino e Alpe Sasso sono luoghi di pastorizia estiva del bestiame. Qui come in tutte le Prealpi, nella bella stagione, vacche e manze vengono mandate in montagna. Gli alpeggi vengono “caricati” a metà giugno e “scaricati” a fine settembre*, quando il contenuto nutritivo del foraggio cala e il freddo inizia a farsi sentire. In questo periodo Biandino si anima, i malgari e le loro famiglie alloggiano nelle rispettive baite dove accanto agli spazi residenziali vi sono gli ambienti dedicati alla lavorazione del latte e alla prima stagionatura del formaggio.
Curiosità: nel cammino di transumanza le vacche sanno tenere un passo veloce. Quando salgono in alpeggio, debbono essere un po’ rallentate dai mandriani perché, dopo il periodo autunno-primavera in stalla, salgono volentieri ai pascoli ma non hanno ancora la muscolatura adeguata alla lunghezza del tragitto, e questo può essere fonte di guai. Il ritorno di norma non pone problemi, il bestiame ha camminato quotidianamente per oltre tre mesi, e dalla Bocca a Introbio impiega un paio d’ore. In andata la partenza è solitamente al mattino presto, al ritorno in tarda mattinata, verso le 10.30-11, dopo un buon “pasto”.

Manze “vagabonde”. Vacche la sera a fondovalle
Le modalità di pascolo si ripetono dalla notte dei tempi. Quando la mandria giunge a Biandino, le manze, femmine giovani fino a circa due anni e mezzo di età che non hanno bisogno di mungitura, vengono separate e avviate ai pascoli alla Scala, sotto la Bocca. Passata una o due settimane, vengono trasferite in alto verso Abio, altra zona recondita ma con sorgenti d’acqua, dove rimangono fino a fine agosto. In seguito vanno in area Lago di Sasso dove anni addietro si mandavano anche le vacche (e si faceva scendere il latte con un tubo che oggi, come metodo, non è più accettabile). Le manze per tutta la stagione rimangono sui pascoli, gestite da un paio di malgari che, salendo da Biandino ogni mattina (un bel grazie qui va alle moto da trial…), le conducono all’abbeveratoio (vi sono sorgenti in quota) e le spostano su foraggio fresco.
Le vacche vengono fatte pascolare iniziando dalla zona della Bocca dove a fine giugno c’è già erba in quantità mentre in alto c’è ancora neve. In seguito vengono fatte brucare avanzando e scalando quotidianamente la “Sponda”, fino in cresta, alla Cappella Barconcelli e oltre i Laghetti. A fine agosto vengono brucati i pascoli di Alpe Sasso, successivamente il ciclo stagionale viene chiuso dall’altra parte del Troggia sulle aree rivolte a nord.

Capre e pecore sui pendii più ripidi
Le vacche non sanno arrampicare quanto le capre ma possono pascolare su pendenze notevoli. Chiaramente nei passaggi impervi la mandria viene condotta dal maggior numero possibile di pastori – sei persone o più – che provvedono anche a far “lavorare” i cani lungo i fianchi della mandria a evitare che qualche capo sconfini nei pericolosi territori tipicamente da capra. Anni fa, ricordano i malgari anziani, sui pendii più ripidi “l’erba magra” veniva tagliata a “ranza” (falce fienaia) e fatta cadere in basso; oggi questa pericolosa pratica non si esegue più, meglio far salire a brucare capre o pecore.
Le capre sono spesso di un qualche malgaro che ne utilizza il latte insieme a quello vaccino nella produzione del formaggio grasso/semigrasso d’alpe. Al contrario, le pecore non sono nella tradizione di Biandino, quelle che si vedono in alcuni periodi in cresta tra Abio e Santa Rita (eccezionale lo spettacolo del gregge che si riversa a cascata dal passo dalla Cazza) sono di pastori nomadi con cui i malgari proprietari del pascolo prendono accordi.

Mungitura di notte e nel primo pomeriggio
La mungitura si esegue due volte al giorno, la prima quando ancora è buio, verso le 3.30, l’altra alle 14-14.30. Attorno alle 8.30 la mandria viene avviata al pascolo; verso le 13 viene fatta rientrare a fondo valle ai carri mungitura che stazionano per quanto possibile vicino alle casere per un trasferimento rapido del latte. Dopo la mungitura, “cena” e mandria in recinto fino all’indomani.
In media una vacca, nel mese di giugno, produce in alpeggio circa 15 litri di latte al giorno (qualcuna 20 all’inizio), poi il quantitativo cala fino a ridursi circa del 50%. Per fare un confronto, una vacca da latte ferma in stalla può arrivare a una produzione di 40-50 litri al giorno, la differenza ovviamente è nella qualità.

Aziende agricole, “stracchino”, “grasso d’alpe”, ricotta etc.
Fino agli anni ’60, quando in ogni paese della Valsassina c’erano molte famiglie contadine, ciascuna mandava il bestiame in alpeggio d’estate affidandolo ai malgari. Con due grandi benefici, possibilità di nutrire vacche e manze nei mesi estivi senza ricorrere al proprio foraggio e possibilità di dedicarsi alla fienagione. Oggi questi modelli di società e attività non esistono più, gli animali in alpeggio sono in grandissima parte di aziende locali i cui conduttori si trasferiscono qui armi e bagagli. In questi ultimi anni, a “caricare” Biandino, sono due aziende di Pasturo (Doniselli Antonella e Platti Carlo) e una di Primaluna (Pomoni Noemi), con vacche, manze e anche un certo gruppo di capre. Tutte hanno un legame atavico con la Valle dove operano da generazioni e dove sono proprietarie di una quota dell’Alpe. La gestione quotidiana del pascolo è condivisa; dalla mungitura in poi, ciascuno fa da sé, per tutta una serie di motivi, segnatamente la continuità con l’attività aziendale del resto dell’anno.
Prodotto principe di Biandino è il di taleggio a pasta cruda che qui si chiama stracchino; poi ci sono il formaggio grasso d’alpe, caprini (latte di capra oppure vaccino), ricotta (col siero risultante dallo stracchino) e burro. In parte questi prodotti vengono venduti al detteglio presso le rispettive casere, il resto va in distribuzione nei canali normalmente riforniti.
Curiosamente, pur essendo prodotto in loco, la denominazione del formaggio può essere solo generica per questione di marchi registrati.

Biandino 155 paghe, Alpe Sasso 150
La “paga” è una unità di misura della proprietà indivisa dell’alpeggio cui corisponde la possibilità di far pascolare una vacca da latte adulta per la stagione estiva. Il numero massimo di paghe è legato al territorio e a quanto sa offrire il pascolo. Biandino vale 155 unità da 9800 metri ciascuna (quasi un ettaro), Sasso 150. Il totale di 305 paghe evidentemente non corrisponde ad altrettante vacche adulte nella valle, i capi possono essere di più perché manze, vitelli e capre fanno una paga rispettivamente con due, quattro e sette esemplari.
La “paga” può essere presa o data in affitto, e questo tipicamente avviene quando il proprietario per un motivo o per l’altro non ha bestiame proprio. Non tutti i proprotari di Biandino (poco più di una dozzina circa) fanno ancora l’allevamento del bestiame, e chi ancora lo pratica, versa evidentiemente un certo canone per la differenza “paghe” tra quando di proprietà e quanto no. Sui pascoli in questi anni vacche prevalentemente di razza Bruno Alpina (colore grigio, la più adatta al pascolo di montagna), Frisona (chiazze bianche e nere) e Pezzata Rossa.

 

*(Eccellente annata il 2018, salita il 9 giugno e discesa il 10 ottobre; in alpeggio circa 130 vacche adulte, vari vitelli, una ottantina di manze e un bel gruppo di capre).

 

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